mercoledì 12 giugno 2013

Un capitolo su di me

Cari amici, ormai le scuse non servono più. La mia indolenza in questi giorni è tale che mi impedisce di sedere davanti al computer e parlarvi. Aspettavo in trepidante attesa che qualcosa di nuovo accadesse nella mia vita, e sono ancora fiducioso che qualcosa dai risvolti positivi stia per accadere. E' solo che il fatto di non sapere quanto tempo occorra affinché questo accada, mi stà rendendo apatico. Quindi, come si fa combattere l'apatia? Soprattutto se non si é mai stati tipi apatici? La risposta é non lo so. Io francamente starei tutto il giorno a guardare i miei due bellissimi nipoti e a riempirli di baci. Ma per quanto sia bello, non é sufficiente. E allora posso scrivere e svuotare la mia mente davanti ad un liberatorio schermo bianco. E osservandolo mi rendo conto che tutte le preoccupazioni che giornalmente mi assillano spariscono e mi sento libero, una sensazione che non provavo da tempo. Voglio raccontarvi una storia. Ciò che più mi colpisce è come la mia vita sia ciclica, soprattutto in ambito lavorativo. Tutti i posti dove sono stato hanno avuto un inizio, una parabola crescente e poi una fase di flessione. O meglio di genuflessione, la mia. Il fatto che la mia professionalità sia un costo per l'azienda mi portava a farmi schiavizzare dai titolari, ciò accadeva molto spesso e a dirla tutta ancora oggi. Tanto diciamocelo chiaro e tondo, in Italia sono veramente poche le imprese a conduzione familiare che hanno saputo fare il salto da artigiani a industriali. E quindi, nonostante il lavoro che io svolgo e porto all'interno, dopo poco succede sempre che mi vogliono retrocedere. Non perdermi, non lasciarmi a casa, ma uniformarmi a tutti gli altri dipendenti. Ammetto che magari la dedizione nei confronti dell'azienda non viene interpretata dai titolari come affetto e riconoscenza, ma come servilismo che permette loro di trattarci come ci pare. Anni fà vivevo in una bellissima città di provincia del nordest italiano. La realtà per la quale lavoravo era un'azienda a conduzione familiare che faceva degli splendidi manufatti destinati al mercato del lusso mondiale. La famiglia era abbastanza particolare, diciamo. I genitori erano delle brave persone, tutto sommato. Ma il marito aveva un piccolissimo segreto, una passione che non poteva raccontare ai membri della sua famiglia. Per questo la raccontava ai "membri" degli amanti occasionali che trovava nelle sue passeggiatine serali. Eppure il matrimonio pareva andare avanti senza particolari intoppi. La figlia era sposata, tra qualche alti e bassi e poi c'era il primogenito. Colui che aveva preso le redini dell'azienda. Chiusa la prima ne avevano aperta una seconda e poi una terza. Anche il figlio condivideva la stessa passione del padre. Ma sebbene il padre conduceva la sua seconda vita nella più totale serenità, non vi dico i racconti erotici che mi confidava durante il lavoro, il figlio viveva nella più totale confusione. La sua confusione lo portava a fare uso di psicofarmaci, di medicine omeopatiche e di tutto ciò che potesse mettere a tacere quella che era la sua vera natura. Fino al giorno in cui implose e decise di vivere la sua vita per quella che era, accettandosi completamente. Spero almeno ora che sia felice. Io vivevo con il mio amore e nonostante le cose tra noi andavano bene ci fu un momento in cui un elemento estraneo arrivò a turbare il nostro equilibrio. La passione e la dedizione per il mio lavoro mi aveva forse reso cieco in quel periodo e non mi accorgevo che qualcosa turbava i suoi sentimenti, tanto più che il mio amore non è la persona più loquace di questo mondo quando si tratta di confidarsi. Ebbene successe, il tradimento. Un fatto al quale non ero stato preparato. Ho sempre creduto e ne sono ancora convinto, che la confessione di un tradimento sia solo un modo per scaricare la coscienza e consegnare il problema al proprio partner rimettendo a lui la decisione sul da farsi. Anche se nel mio caso non fu una vera e propria confessione, ma un evento che non poteva più nascondersi. E allora che avrei dovuto fare? Per quelle che erano le mie convinzioni avrei dovuto lasciare che la nostra storia si interrompesse. Ma per fortuna, mentre ero in fase di riflessione, il terzo incomodo fece molto di più. Cercò più volte di parlarmi per darmi la sua versione dei fatti, cercò anche di tirare in ballo amici che avevamo in comune e insomma alla fine fece tante di quelle cose che mi resi conto che il mio amore era stato circuito a sua insaputa. Certo ciò non fu sufficiente per perdonarlo, anche se ci provò in tutti i modi. Ma poi la vita mi mise davanti ad un bivio. Al lavoro stava per scadere il mio contratto e i miei titolari pensarono bene di giocare d'astuzia. Volevano farmi credere che non ero stato all'altezza di un determinato cliente, come se l'errore non fosse contemplato, in modo che al momento della firma del nuovo contratto avrei accettato un compenso minore. Tutto ciò che in realtà io volevo era tornare a casa dalla mia famiglia, dai miei amici, dal mio mare e così ne parlai al mio amore. In quel momento di confusione dovevo ritrovare me stesso e per farlo avevo bisogno delle mie certezze. Ne parlai al mio amore e lui con molta calma mi rispose che mi avrebbe seguito, anche in capo al mondo, avrebbe vissuto pagandosi un affitto fino a quando non sarei stato in grado di aiutarlo con le spese e mi avrebbe aspettato fino a quando non sarei stato in grado di tornare ad essere parte integrante della coppia. Fu in quel momento che capii veramente quanto mi amasse e lo perdonai e soprattutto perdonai me stesso. Perché non possiamo colpevolizzarci se non abbiamo sempre la situazione sotto controllo di tutto e di tutti. Quindi tornai a casa, la disoccupazione mi aiutò i primi e mesi e poi trovai una consulenza. Tre giorni alla settimana e uno stipendio fisso. Dio com'ero contento, avevo la libertà di godermi la vita e fare il lavoro che mi piace, nella mia città e la possibilità di stare con le persone che amo. Ora voglio ritrovare quella serenità. A proposito, quando me ne andai da lassù nemmeno sei mesi dopo mi richiamarono proponendomi un più alto stipendio. Ma io non sono mai stato il tipo che si guarda indietro, voglio solo andare avanti e provare cose nuove.

2 commenti:

  1. Rompi il cerchi, è vero che tutto è ciclico ma puoi se ricordi non cadere negli stessi errori ciao

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    1. Il cerchio lo romperei volentieri sulla testa di qualcuno, ma per il momento cerchero' di romperlo da me. Grazie per il consiglio.

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