martedì 9 luglio 2013

Una voce poco fa' (prima parte)

Qualcuno mi ha detto che preferisce ch'io parli della mia vita privata, piuttosto che concentrarmi sui grandi temi dell'universo. Quindi volevo raccontarvi della mia prima serata in discoteca. Forse perche' non ho mai smesso di ballare da allora, anzi a dirla tutta gia' da prima. In effetti io e i miei amici scoprimmo la discoteca verso i 14 anni. Prima le domeniche le passavamo all'oratorio, una parola che non e' che susciti troppo divertimento, ma per noi era un momento di ritrovo. E poi, un giorno, come Caronte, la circolare destra passo' a prenderci davanti alla vecchia scuola. Eravamo un po' tutti timorosi di sapere chi e che cosa avremmo trovato e soprattutto non avevamo la benche' minima idea di come dovessimo vestirci. Ma all'epoca non c'era da preoccuparsi nel fare brutte figure. Tanto i ragazzi erano tutti chi piu' chi meno con il bomber, o il Barbour. Quel fantastico cappotto al grasso di foca, che anche se ci passavi una manata di strutto era brutto uguale ma sicuramente puzzava di meno. Jeans, Uniform o Levis 501, cintura El Charro e scarpe Cult o Dottor Marten's. Le femmine piu' o meno ologate allo stesso modo, ma cambiavano le firme: Henry Lloyd, Naj Oleari, Best Company e l'immancabile foulardino al collo di Daks. Potevamo anche essere vestiti discretamente se la moda non avesse imposto di portare tutto due taglie in piu' rispetto a quella reale. Ancora oggi ho un Bomber taglia 54, e io non ho mai portato la taglia 54. Ma c'erano due capi che dominavano su tutto il guardaroba: i maglioni jacquard norvegesi e le tute in acetato. Ancora oggi abbastanza apprezzabili. E non dimentichiamo i barattoli di lacca Cielo Alto, prima responsabile del buco dell'ozono. Che piu' che Cielo Alto avrebbe dovuto chiamarsi Ciuffo Alto. Una volta il padre di una mia amica e' rimasto appiccicato con la mano sulla porta del bagno. Armati di tutto punto partimmo per la volta dell'entroterra, direzione l'unica discoteca della zona. Immaginatevi un posto dove poter ballare senza che i genitori ti aspettino aldifuori del locale e quindi l'incredibile sensazione di sentirsi liberi. Ed anche se all'epoca non penso fosse legale, ma era gustoso sentirsi gia' grandi per bere e di fumare. Avevamo una voglia matta di crescere, tornassi indietro cercherei veramente di godermi ogni singolo momento. Quando rientravamo a casa, mezzi ubriachi, correvamo a casa e poi dritti a letto per non farci sentire dai genitori che l'alito puzzava di quasi quanto i peggior bar di Caracas. Ma nonostante questo, il fatto di aver vissuto presto l'ambiente delle discoteche ci ha dato una sorta di autocontrollo. Divertirsi si', ma senza necessariamente distruggersi. Almeno non tutti insieme, a meno che non si andava in giro con un pullmino...

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