giovedì 25 luglio 2013
Scusate il ritardo, impegni familiari.
Innanzitutto un doveroso grazie. Ho superato le 1000 visualizzazioni, spero veramente che ciò sia per me un incentivo a scrivere tutti i giorni e ricevere sempre più i vostri commenti. Diciamo che ultimamente la vena creativa era stata ostruita dalle preoccupazioni derivanti dal lavoro, preoccupazioni dissipate in quanto ora un lavoro non ce l'ho. O meglio per fortuna non ho più il vecchio lavoro, ma mi si stanno aprendo nuovi orizzonti alquanto eccitanti. Ora sono ad una scelta, continuare ad investire il mio tempo come lavoratore dipendente nella speranza che prima o poi possa trovare un titolare che creda nelle mie potenzialità e farmi crescere di posizione o crearmi io già da adesso quella posizione a cui ambisco e che sono sicuro di avere tutte le capacità per ricoprirla? Si accettano consigli, ma già vi dico che io sono molto proiettato per la seconda.
Dopo questo breve cappello volevo raccontarvi un pochino di più della mia famiglia. Non quella più stretta composta da papà, sorella, cognato e nipoti ma la mia famiglia in senso più ampio. Mio padre é il decimo di undici fratelli e mia madre era la quinta di sette. Non preoccupatevi non starò certo a raccontarvi di loro uno per uno e dei figli che hanno avuto, altrimenti più che un blog verrebbe fuori l'antico testamento. Ma solo di alcuni anedotti che li riguardano.
Cominciamo dalla zia Tamara (nome di fantasia ovviamente). Lei era la terza della famiglia di mia madre, la prima femmina. Nota nel piccolo paese veneto da dove provengono per la sua bellezza e per la sua imbranataggine. Far parte di una famiglia di contadini nell'immediato dopoguerra significava nella maggior parte dei casi essere terribilmente poveri, e i figli per la maggior parte del tempo erano impegnati a rubare tutto ciò che era commestibile dalle proprietà dei grandi signori. Mio nonno sapeva di poter contare su 4 dei suoi figli, tra cui mia madre, che erano veloci come la polvere. Ma di certo non mia zia, lei era quella che solitamente passava le notti in cima all'albero perché sotto l'aspettava il fattore con il forcone e poi passata la notte le prendeva da mia nonno perché si era fatta beccare.
Quando veniva a trovarci al mare era in grado di lasciarsi cullare dalle onde stando comodamente sdraiata nel suo materassino gonfiabile fino ad addormentarsi. Per poi venir ripescata in mare aperto da due sommozzatori. Ah dimenticavo, mia zia non sa nuotare.
Per farvi capire il suo carattere. Mia zia era sposato con mio zio Steno (anche qui fantasia)un uomo fatto a modo suo, ma io me lo ricordo dolce e pieno di interessi. A mio zio piaceva fumare e anche farsi qualche bicchierino in compagnia, non certo un toccasana per la sua cardiopatia. Mia zia non faceva altro che ripeterglielo: "Attento Steno che te stciopi!" ma mio zio non le dava retta e continuava con le sue abitudini e una volta rientrando a casa lo trovò riverso sul pavimento, infarto.
"Te l'avevo detto che te seria stciupà!" gli disse. Ma il trauma del lutto fu presto superato, a tavor e whisky. Un autentico toccasana a detta di lei, che lo consigliò anche a mio padre quando perse mia madre. Per fortuna mio padre decise di superare il dolore secondo la sua coscienza.
Rimasta vedova a 70 anni decise che per lei era giunto il momento di vivere a pieno la pensione e si organizzò con l'agenzia viaggi sotto casa per andare a conoscere il mondo. Prima tappa, New York!!! Viaggio in comitiva con arzilli anzianotti alla scoperta del Nuovo Mondo.
"Mi raccomando appena scendiamo dall'aereo cercate di rimanere in gruppo!" ma le mille luci della città rapirono l'attenzione di mia zia che non fece in tempo a entrare al JFK Airport che già era rimasta senza gruppo. Ma mia zia é una tenace che non si perde d'animo, s'infilò in un taxy e si fece portare a New York senza parlare una parola d'inglese e soprattutto ricordando a malapena il nome dell'albergo.
Nel frattempo tutto l'aereoporto era stato allertato ed anche mio cugino in Italia, forse la nuora sperava in cuor suo di non doverla mai più rivedere e invece, dopo sette ore, giunse la telefonata transoceanica di mia zia che stava bene e che aveva trovato anche l'albergo.
Lo spavento venne presto superato e il suo secondo viaggio fu in Cina.
Di recente l'ho rivista al matrimonio di mia cugina, 83 anni portati con disinvoltura. Abbiamo ballato insieme, naturalmente infamandomi perché a suo dire non sono in grado, e ci ha raccontato che stà per organizzarsi un altro viaggetto o forse vuole comprarsi un cavallo.
"Per farti dar due colpi?" le chiesi, "No per quello basterebbe un pony" mia zia Wilma.
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